Nella sua adesione ad una realtà povera (e forse perduta, o eterna perché già passata) Mario Benedetti sceglie una lingua piana e colloquiale, e un verso lungo che sfiora la prosa fino a farsene assorbire. Un verso che è, comunque, un’esigenza e una scelta forte, uno spazio preciso, il tempo del respiro nel racconto lirico. In ogni caso una soluzione formale ineccepibile.
In questo libro, la fedeltà dell’autore alla poetica delle “povere forme eterne” si esprime in modo articolato e compiuto. Abbiamo qui, insomma, la vera maturazione di un poeta, che osserva la realtà bruciata di un borgo senza futuro, che forse si dice, come Zanzotto in Fuisse, “pace per voi per me / buona gente senza più dialetto”, ma che non di meno sale per visioni impervie lungo i suoi crinali: “mandami sulle azzurre piste dei lupi” (davvero un bellissimo strappo all’interno di una prosa lirica che è uno dei pezzi forti del libro). Niente di avventuroso o letterario in tutto questo, proprio perché, come ci ricorda Benedetti, il mondo che gli è caro, al quale sente di appartenere (che sia il suo Friuli, la vicina Slovenia, o la Bretagna dei suoi viaggi), è vissuto, storicamente, tra cose e fiabe, tra casa e paradiso. E lui stesso vorrebbe “rimanere sulle cose” un po’ più a lungo, vorrebbe perciò sostare, sospeso delicatamente, poiché “in questo poco tempo noi siamo vivi”. Ma da questo radicarsi in sé, nella propria terra ed erba, da questa bassa e totale materna dimora, trova il desiderio di “tanti colori”, la necessità di “sognare una festa”.
D’altra parte, nella poesia di Benedetti, benché sapientemente attutiti verso l’affabilità, non mancano certo improvvisi stacchi di tono. Ed è inoltre sempre vivo un senso di incertezza che suona come limpido stupore, come vitale meraviglia di fronte alle cose. E soprattutto – segno di intelligenza certa – come umano dubbio di sé e del proprio “accadere”: “cosa succede? cosa mi sta succedendo?”.
Mario Benedetti è nato a Udine nel 1955.
Ha pubblicato la raccolta di prose e poesie I secoli della Primavera (Sestante, 1992), la plaquette Una terra che non sembra vera (Campanotto, 1997), Umana gloria (Mondadori, 2004), Pitture nere su carta (Mondadori, 2008), Materiali di un'identità (Transeuropa, 2010), Tersa morte (Mondadori, 2014 – vincitore del Premio di Poesia Mauro Maconi 2014). È presente in varie antologie tra cui Poeti italiani del Secondo Novecento (Mondadori, 2004) e Parola plurale (Sossella, 2005).
Ci ha lasciato nel 2020.
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