Di altre stelle polari è la terza raccolta di Gabriella Garofalo. Fin dalle prime letture l’autrice coinvolge in un cimento non facile, in un arduo, quanto vano, tentativo di riduzione del suo testo a un percorso che sia totalmente accessibile. È in fondo, questa, l’ambizione di ogni lettore ingenuo, resa ancora più forte dai meccanismi di depistaggio che la Garofalo sa mettere in atto con perfida sapienza. Infatti le sue liriche si strutturano attorno ad alcune parole-tema ossessivamente presenti, e sembrano realizzarsi in chiuso ambiente immutabile. La notte e la luna, quegli “astri che sfrenano di Luce”, un cupo silenzio che tutto sembra assorbire in un “cielo blu-cobalto”, costellato da un “dedalo di stelle”, e quella nascita e morte di un’anima che ripete la sua sofferta presenza come in litania dentro un grembo totale, o in un “infame grembo”, o in un “grembo di silenzio” a cui si sottrae miracolosamente solo il dire, la parola, la parola poetica, la parola che sperimenta in sé il vero. Ecco, gettati lì un po’ a caso, i punti fissi che creano una precisa geografia claustrofobica in questa inconfondibile poesia. La quale, proprio nel continuo rimando – paziente fino all’angoscia, o angosciato fino alla più saggia pazienza – di sensi interni, gioca tutta la sua vicenda sinistra e misteriosa, tutta la sua drammatica sottigliezza. Un meccanismo poetico che potremmo definire estremo, per la verticalità della sua tensione, per lo sprezzante rifiuto di ogni accattivante compromesso nei confronti del lettore, per la strenua fedeltà alla struttura vibrante di un pensiero lirico che si muove, a cicliche riprese, tra luci fisse e buio, nell’immenso di un grembo raggelato.
Gabriella Garofalo, nata a Foggia nel 1956, vive a Milano. È presente nelle antologie Il volto e la scena (Edizioni Anterem, 1985) e La scrittura oltre la scrittura (Franco Cesati Editore, 1990). Ha pubblicato la plaquette Lo sguardo di Orfeo (Franco Cesati Editore, 1989) e la raccolta di versi L’inverno di vetro (Edizioni dell’Arco, 1995).