Wolfango Testoni riesce a toccarci, a coinvolgerci nei suoi percorsi, con la grazia semplice dell’osservatore sensibile e attento del mondo circostante. Potremmo dire, in fondo, con la verità piana che è propria della poesia. La sua è una parola poetica sottile e acuta, esatta, quanto onesta nel cogliere il senso che non appare, il risvolto in ombra delle cose, il dettaglio che apre nuove prospettive.

In questa raccolta, così vibrante e varia, riesce ad allestire una scena popolata di personaggi, figure molteplici e diverse, volti magari anonimi, ma non solo, fino ad esempio alla “santa ragazzina” di un testo che esprime una religiosità tutta speciale, quella della umile pietas che segna nel suo insieme il lavoro di Testoni. Un lavoro poetico affidato, nella nettezza del suo suono, che pure a volte è aspro e metallico, a una plausibile concretezza di situazioni, che lo portano anche a registrare tragedie storiche come il rapimento e l’assassinio di Moro. Ma la sua predilezione è per i personaggi “attenti a non lasciare tracce”, umani esseri di normale umano transito. Uomini e insetti, o uomini come insetti, ma non certo per una scelta rinunciataria, quanto per una fitta ricerca nel tessuto complesso e opaco di un esistere che certo non tende a staccarsi, per enfatica vertigine lirica, verso una improbabile dimensione alta.